Onorevoli Colleghi! - Nelle ultime settimane della scorsa legislatura i parlamentari della Rosa nel Pugno avevano depositato una proposta di legge (atto Camera n. 6299) finalizzata a rendere possibile in Italia le tecniche di fecondazione assistita consentite in gran parte d'Europa, e ad aprire la strada alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali.
      La proposta di legge era stata illustrata, prima della sua presentazione alla Camera dei deputati, in occasione del congresso dell'Associazione Luca Coscioni, nel dicembre 2005. Il 20 febbraio 2006, Luca Coscioni, che sarebbe stato candidato capolista della Rosa nel Pugno alle elezioni politiche, è morto nella sua Orvieto. La sua battaglia aveva raccolto negli anni l'adesione di cento Premi Nobel, oltre a quella di tanti malati e disabili, di personalità del mondo della scienza e della medicina, della cultura e della politica. Di Luca Coscioni, scrisse José Saramago: «...ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza». Soltanto con la sua morte, la storia della vita e della lotta di Luca Coscioni è stata conosciuta dall'opinione pubblica italiana, riconosciuta da tantissimi e salutata dalle massime cariche istituzionali e politiche del nostro Paese.
      Nel ripresentare la medesima proposta di legge, siamo consapevoli che soltanto attraverso l'affermazione del diritto civile e politico dei cittadini alla conoscenza e al confronto su temi tanto importanti si potrà ottenere una riforma radicale dell'attuale legislazione in materia di fecondazione assistita e di ricerca sulle cellule staminali.

      Tra qualche decennio si parlerà del periodo che stiamo attraversando come di una fase in cui un'epidemia di irrazionalità

 

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e di antiliberalismo si è abbattuta sull'Italia, colpendo i centri nevralgici della politica e del governo e causando un pesante arretramento dell'economia, della società e del diritto. Questa epidemia ha un nome: si chiama antiscientismo, e si manifesta attraverso una complessa sintomatologia, la cui forma più grave è costituita dal diffondersi di un'avversione cieca all'idea che i cittadini possano decidere in modo autonomo sull'uso delle tecnologie mediche che possono migliorare la salute, ivi compresa la salute riproduttiva.
      Un clinico d'altri tempi direbbe che si tratta del manifestarsi di una diatesi - cioè della predisposizione di un organismo verso particolari malattie - che ha un'origine ben definita: gli anni sessanta del secolo scorso, quando il nascente consociativismo politico e il consolidarsi del regime partitocratico stroncavano, con l'aiuto della magistratura o dell'estremismo politico, il tentativo di alcune personalità, come Felice Ippolito e Adriano Buzzati-Traverso, di innovare il sistema della ricerca e della formazione in senso competitivo e meritocratico. Appariva infatti inaccettabile, poiché non più governabile secondo i criteri della clientela e dell'abuso del potere, che la ricerca e la formazione si sviluppassero in modo indipendente dalla politica, ovvero adottassero delle modalità di funzionamento rispondenti ai criteri dell'oggettività e dell'efficienza come nelle nazioni più avanzate. Da quel momento è stato un reiterarsi di frustrazioni e di penalizzazioni che la comunità scientifica e la ricerca hanno dovuto subire. In anni più recenti, siamo riusciti ad esporci al ridicolo internazionalmente con la sperimentazione della terapia Di Bella, o vietando la clonazione animale per oltre cinque anni, oppure con il licenziamento politico di Lucio Luzzatto dall'Istituto per la ricerca sul cancro di Genova, per fare solo alcuni esempi. Tutte queste notizie, così come la pantomima sull'insegnamento dell'evoluzione, sono rimbalzate sulle principali riviste scientifiche internazionali, producendo divertiti commenti, mentre i ricercatori italiani sempre più difficilmente accedono con le loro pubblicazioni a quelle stesse riviste, anche a causa della costante diminuzione dei finanziamenti.
      Su una realtà scientifica drammaticamente indebolita si è innestata l'azione culturalmente repressiva e illiberale delle gerarchie vaticane, e la bioetica utilizzata in chiave politica, che ha concorso a produrre la legge 19 febbraio 2004, n. 40: una normativa che penalizza la medicina della riproduzione italiana, che era tra le migliori in Europa, nega i princìpi della buona pratica clinica e, vietando la ricerca sulle cellule staminali embrionali, taglia fuori l'Italia dalla possibilità di competere sul piano internazionale per sviluppare le conoscenze e le tecnologie della medicina rigenerativa.
      Onorevoli colleghi, la storiografia dell'età moderna ha dimostrato che lo sviluppo delle libertà civili e quindi dei diritti della persona è stato favorito non solo dallo sviluppo dell'economia di mercato, ma le forme della convivenza democratica hanno tratto ispirazione e si sono articolate anche sull'esempio delle regole che governano la comunità scientifica: il rispetto per le opinioni diverse e per i fatti. Se non c'è il rispetto per la diversità dei valori morali e per i fatti, non ci può essere né libertà di ricerca scientifica, né libertà personale. Per tale motivo noi leggiamo uno stretto legame tra le azioni politiche volte a limitare la libertà di ricerca scientifica e la deriva illiberale che sta indebolendo la democrazia italiana.
      Nel merito di questa proposta di legge, ci proponiamo di abrogare le norme proibizioniste e ideologiche contenute nella legge 19 febbraio 2004, n. 40. L'obiettivo di tale legge non è stato quello di assicurare l'aiuto della scienza per coloro che sono affetti da una malattia - la sterilità - bensì quello di fissare una serie di ostacoli e di divieti, corredati da severe punizioni, rivelando un generale disfavore verso la fecondazione assistita nonché verso la libertà e la responsabilità delle scelte individuali. La legge n. 40 del 2004 è una legge che avrebbe potuto intitolarsi: «Norme per ostacolare l'accesso alla procreazione medicalmente assistita». In
 

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chiara violazione del principio di uguaglianza, è stata introdotta una tutela differenziata nel diritto alla terapia (e quindi alla salute) fra categorie di cittadini. Sono infatti attualmente esclusi dall'accesso alle tecniche anche coloro che, pure non essendo sterili, hanno necessità di accedere a tecniche di analisi pre-impianto che possono evitare di trasmettere ai propri figli determinate malattie. Seguendo tale impostazione proibizionista, bisognerebbe vietare anche le indagini prenatali (ecografia, amniocentesi, prelievo dei villi coriali) che possono portare la donna a scegliere di ricorrere all'aborto. Di fatto, la legge n. 40 del 2004 ha costretto molti cittadini italiani a recarsi all'estero per effettuare le tecniche vietate nel nostro Paese, ma a volte anche quelle consentite, non sentendosi tutelati nel proprio diritto alla salute. La legge ha anche chiuso la porta alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, impedendo persino l'utilizzo di embrioni soprannumerari, comunque destinati a rimanere congelati senza diverso utilizzo. La proposta di legge qui formulata mira ad estendere le possibilità di ricorso alla fecondazione assistita e ad autorizzare la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali. Un altro distinto provvedimento sarà comunque necessario e urgente per finanziare adeguatamente anche questo filone di ricerca, rilanciando il ruolo della ricerca italiana nel mondo e rendendo chiari e trasparenti i meccanismi di finanziamento oggi quanto mai opachi.
      L'articolo 1 prevede le finalità della nuova normativa. Il ricorso alla procreazione assistita cessa di essere semplicemente «consentito». Il diritto alla procreazione cosciente e responsabile è garantito a livello costituzionale - come si desume implicitamente dagli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione - ed è ulteriormente precisato in numerose convenzioni internazionali - articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, articolo 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici - nonché nella normativa ordinaria. La proposta di legge è dunque finalizzata all'affermazione del diritto alla salute e alla genitorialità.
      L'articolo 2, considerato che la legge non pretende di descrivere tecniche in continuo aggiornamento, si limita a precisare l'ambito di applicazione e l'oggetto: fecondazione in vivo e in vitro al fine di ottenere una gravidanza.
      L'articolo 3 definisce l'embrione come prodotto del concepimento fino alla ottava settimana di sviluppo.
      Gli articoli 4 e 5 prevedono i requisiti oggettivi e soggettivi per l'accesso alle tecniche. Sono enunciati i presupposti per l'applicazione delle tecniche, collegati non solo all'infertilità, ma anche alle patologie geneticamente trasmissibili. Nel pieno rispetto dell'articolo 3 della Carta costituzionale, che enuncia il principio di eguaglianza, i requisiti soggettivi sono gli stessi previsti per coloro che non hanno difficoltà a procreare.
      All'articolo 6 sono individuate le strutture dove le tecniche di fecondazione assistita possono essere applicate. Le strutture sono direttamente autorizzate dal Ministero della salute, sentito un comitato di esperti. All'Istituto superiore di sanità spetta la verifica dei requisiti ed è prevista l'istituzione, con decreto del Ministro della salute, del registro delle strutture autorizzate.
      L'articolo 7 stabilisce le modalità per l'espressione del consenso informato. L'impianto dell'articolo rimane simile a quello stabilito dalla legge n. 40 del 2004, ed è prevista la figura facoltativa dello psicologo e del legale, di supporto al medico. Il consenso informato risulta come un normale contratto tra le parti, in forma scritta.
      L'articolo 8, sulla diagnosi preimpianto, regola una tecnica oggi proibita, esigendo le massime garanzie per la sua efficacia e valorizzando la professionalità degli operatori.
      L'articolo 9 disciplina le tecniche di fecondazione assistita eterologa. È affermato il valore della genitorialità per scelta, ritenendo i proponenti che la genitorialità non debba essere ridotta a mero fatto
 

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biologico e genetico. Il meccanismo previsto, che richiama quello vigente in tema di adozione internazionale, è volto a superare le preoccupazioni che il minore nato dalla fecondazione assistita eterologa possa andare incontro a una situazione familiare non ottimale o comunque «qualitativamente» inferiore a quella del figlio biologico della coppia.
      Vengono applicate, in relazione alla posizione del donatore e agli obblighi della struttura autorizzata, le nozioni giuridiche ormai acquisite nei Paesi in cui la fecondazione eterologa è da tempo ammessa. È prevista una procedura che investe il giudice tutelare. La struttura diviene responsabile del mantenimento delle informazioni sul materiale biologico donato e utilizzato, in riferimento alla conoscibilità biologica dei dati che possono essere forniti su autorizzazione del giudice tutelare, per motivi comprovati. Il donatore non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non ha nei suoi confronti alcun obbligo.
      L'articolo 10 tratta della donazione dei gameti. Il sistema ricalca, con qualche adattamento alla nostra realtà, il sistema adottato in Spagna con la legge 22 novembre 1988, n. 35, in vigore da diciotto anni. Chiare sono le garanzie per il centro, per il donatore, ma soprattutto per i riceventi.
      All'articolo 11 sono enunciate le regole per la conservazione di materiale genetico e di embrioni.
      L'articolo 12 disciplina il trattamento e la cessione degli embrioni per la ricerca scientifica, autorizzando la ricerca sugli embrioni fino al quattordicesimo giorno, nei limiti fissati dai protocolli di ricerca approvati da una apposita commissione. La ricerca sulle cellule staminali embrionali rappresenta, insieme alla ricerca sulle cellule staminali adulte, una delle speranze per la cura di malattie che colpiscono milioni di cittadini.
      L'articolo 13 autorizza la tecnica del trasferimento del nucleo cellulare di una cellula adulta al posto del nucleo di un ovocita - cioè una delle tecniche considerate particolamente importanti per chi conduce la ricerca su cellule staminali - senza però consentire il trasferimento in utero, e sbarrando perciò la strada alla clonazione riproduttiva.
      L'articolo 14 istituisce una commissione per la valutazione e l'autorizzazione con i seguenti compiti: a) la valutazione dei protocolli di ricerca su embrioni e gameti; b) la valutazione dell'idoneità dei laboratori di ricerca; c) l'autorizzazione allo svolgimento dei protocolli di ricerca.

      L'articolo 15 disciplina la maternità surrogata come atto di generosità e di solidarietà intrafamiliare. La maternità surrogata è prevista, come in altre legislazioni europee, se prestata a titolo liberale, senza vincoli obbligatori e sussistendo un rapporto importante fra le parti (parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado; rilevanti legami fra le parti prudentemente valutati dal giudice secondo lo schema già conosciuto in tema di adozione in casi particolari). Atteso il valore costituzionale del principio di solidarietà sociale di cui all'articolo 2 della Costituzione, il nato potrà contare su un contesto di affetti e di protezione ancora più solido e vasto.
      Si noti che, prima dell'entrata in vigore della legge n. 40 del 2004, esaminando la fattispecie unicamente sulla base dei princìpi generali e costituzionali del nostro ordinamento, il tribunale di Roma (ordinanza del 14 febbraio 2000) aveva ritenuto lecita, in assenza di corrispettivo economico, la maternità surrogata.
      L'articolo 16 stabilisce lo status giuridico del nato a seguito dell'applicazione delle tecniche di fecondazione assistita.
      L'articolo 17 enuncia le sanzioni previste per chi viola le disposizioni della legge.
      In ultimo, l'articolo 18 abroga la legge n. 40 del 2004, ad esclusione degli articoli 3 e 18 (e modifica l'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, come da ultimo modificato dal citato articolo 3 della legge n. 40 del 2004), relativi agli interventi per la ricerca contro la sterilità, a formalità di carattere amministrativo e a disposizioni relative alla copertura finanziaria.
 

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